Cavalleria e parità di genere

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La parità di genere è un argomento all’ordine del giorno.

E durante i miei corsi di bon ton, la gender equality viene tirata spesso in ballo quando spiego i concetti di galanteria e cavalleria.

Galanteria e cavalleria infatti, non sono (come molti pensano) assimilabili ai comuni gesti di gentilezza. Sono gentilezze gender-specific, che ci piaccia o meno (spoiler: a me, per dire, piacciono moltissimo).

Le origini della Cavalleria

Edward Burns Jones - Laus Veneris -1875

Queste due particolari forme di cortesia, come dice il nome stesso, nascono nelle corti dell’europa centrale dell’XI e XII secolo. All’epoca, la nuova nobiltà guerriera è impegnata a celebrare se stessa e le proprie imprese, attraverso le gesta di cavalieri senza macchia e senza paura.

In questo contesto nasce il codice cavalleresco, che impone precise regole morali e di comportamento: difendere i deboli e non umiliare gli avversari, per esempio. Ma detta anche norme precise su come trattare le donne.
Il capitolo “Puellae” recita:

I. Rispettate le donne e soccorretele sempre quando sono sofferenti.
II. Se tenete al cuore di una dama, cercate di divenire il suo campione e cimentatevi in tornei sostenendo l’onore della vostra dama.
III. Non cercate volutamente di turbare la donna legata all’amore di un altro.
IV. Non importunate dame e damigelle, e desistete in caso le vostre intenzioni vanno contro la loro volontà

Non male, mi viene da dire, per essere nell’anno mille cento e qualcosa.

C’è da dire però che nella cultura cortese, sia il cavaliere che la dama sono idealizzati. La donna diventa una creatura angelicata e quasi asessuata (Beatrice di Dante vi dice niente?), che l’uomo ha il dovere di difendere e tutelare. Col senno di poi, è facile capire come il cavalier cortese è il principio in nuce del Principe Azzurro.
(E già qui, le femministe alzano il sopracciglio).

La nascita della galanteria

Comunque: proseguendo nella storia, il mito della cavalleria, grazie anche ai poemi epici e alle saghe, sopravvive egregiamente al tramonto del feudalesimo e alla fine del medioevo. E ricompare nelle corti del sei e settecento, dove codice cavalleresco viene rielaborato in chiave più frivola, per adattarsi alla vita di corte. Si parla allora di galanteria, termine coniato sul verbo francese galer, ovvero divertirsi, lo sport preferito dagli aristocratici dell’epoca.

Nasce dunque la figura del cicisbeo, il cavalier servente che accompagna la dama nelle occasioni mondane, la assiste nelle incombenze quotidiane, ne diviene il confidente e a volte anche l’amante.

Tutti i gesti che oggi consideriamo “cavallereschi” o “galanti” sono eredità di questo passato qui. Di un’epoca in cui il sessismo, per quanto benevolo, era inevitabile.
Ce ne dimentichiamo spesso, ma prima dell’avvento del razionalismo, del progresso della medicina (e degli anticoncezionali) la parità fra i sessi non era nemmeno immaginabile.

Comunque.
Il signore che cede il passo alla signora.
Che le apre la porta della carrozza taxi.
O che le scosta la sedia al ristorante.
Che a tavola le versa il vino (perché, secondo le regole tradizionali del galateo, una signora non si versa mai il vino da sola) prima di pagare il conto. Sono tutti “residui” delle galanterie di corte, che nel corso del tempo si sono estese alle classi inferiori per emulazione, per poi tramandarsi a noi fino oggi.

Galanteria moderna e parità di genere

Dante Gabriel Rossetti - Rosa triplex - 1874

È per questi retaggi sessisti che, oggigiorno, i gesti galanti provocano a volte reazioni contrastanti.

Se è vero che gentilezze come aprire una porta o dare la precedenza sono accettati anche da paladine della parità di genere come Emma Watson , è anche perché queste cortesie possono essere contraccambiate “alla pari”.

Ma altre formalità stanno rapidamente passando di moda. Un esempio è rappresentato dai menu “per ospiti” (quindi senza prezzi) che alcuni ristoranti di alto livello ancora presentano automaticamente alle signore.
Le donne non gradiscono più essere considerate automaticamente “ospiti”, e la polemica è arrivata sulle pagine dell’Observer. Secondo un recente sondaggio, il 65% delle signore preferisce pagare per sè fin dalla prima uscita.

John William Waterhouse - Circe - 1891

Sembra che la conquista della parità, almeno per le più intransigenti, non possa che comportare qualche rinuncia.

Da parte mia, penso però che sebbene l’origine dei gesti sia sessista, l’origine si è comunque persa per strada, mentre è ancora vivo il significato di gentilezza.

E siccome secondo me di gentilezza, in generale c’è sempre un bisogno, mi sento di dire: lunga vita alla cavalleria, e benvengano gli uomini che ti appoggiano la loro giacca sulle spalle se hai freddo, o che ti reggono l’ombrello sotto la pioggia.

Tu invece come la vedi? La discussione continua sulla mia pagina Fb.

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Edmund Blair Leighton - Tristan and Isolde - 1902
I dipinti che ho scelto per illustrare questo post sono:

Opening: Frank Dicksee - La belle dame sans merci - 1901
Edward Burns Jones - Laus Veneris -1875
Edmund Blair Leighton - The Accolade - 1901
Jean Françoise de Troy - Declaration of Love - 1731
Jean-Honoré Fragonard - The Swing - 1767
Dante Gabriel Rossetti - Rosa triplex - 1874
John William Waterhouse - Circe - 1891
Edmund Blair Leighton - Tristan and Isolde - 1902

Questo articolo ha 4 commenti

  1. Mattea Usai

    Grazie, si dovrebbero ribadire questi concetti che vengono disattesi da persone maleducate con la scusa del “ avete voluto la parità “
    Il discorso sarebbe ampio, ma meritorio di approfondimento. Elisa potrebbe farlo con grande eleganza… e me lo auguro! M.

    1. Elisa

      Grazie Mattea, diciamo che sì, il tema si presta ad ampie discussioni…
      E per carità, ognuno è libero di pensarla come vuole.
      Solo, è sciocco confondere la parità con l’uguaglianza.

  2. Dolomieu

    essere cavalieri è una questione di stile. Qualsiasi gesto che vada a detrimento della libertà della donna, o della stima nei suoi confronti, non è certo cavalleresco

    1. Elisa

      Concordo assai 🙂

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