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SOULSCARS

 

Ho parecchie cictarici: quasi invisibili, minuscole, nascoste. Ma io so che ci sono. E mi piace guardarle perché ognuna conserva in sé un ricordo, che rimane vivo a dispetto del tempo che passa proprio in virtù di quell’insignificante segno sulla pelle.

Attimi altrimenti fortuiti che ricordiamo perché ci hanno segnato. In senso letterale. È come guardare un album di fotografie.

Quel pomeriggio che mentre mia madre riposava  avevo deciso che era ora di avere un piercing, e mi sono infilata un ago da materassi su un sopracciglio.

Quell’altra volta che per fare la splendida con la mia bicicletta nuova – giustificata, avevo 8 anni- mi sono schiantata in su un platano con gran danno della mia olandesina rossa.

Quell mattina che mentre assonnata rigiravo l’arrosto mi sono marchiata a fuoco come un vitello con la piastra del forno rovente: mi basta guardare questi piccoli segni per rivivere nella sua interezza un pomeriggio da liceale annoiata, una scampagnata d’estate infantile, i preparativi per il pranzo della domenica.

E poi c’è la volta che mi sono spenta una sigaretta addosso giusto per vedere com’era, quell’altra che avevo scaldato la ceretta ad una temperaura da reattore nucleare, per un po’ ho avuto perfino il segno di un graffio di tigre – giuro, degli amici pazzi avevano un cucciolo in casa. Purtroppo quello quando ho preso il sole è sparito: mi sentivo sandokan con una cicatrice del genere. Anyway, mica ci sono solo le cicatrici della pelle.

Ci sono luoghi, parole, canzoni che si associano indissolubilmente ad un preciso istante e diventano come cicatrici per l’anima. Ogni volta che ripassiamo in quel posto, che riascoltiamo quelle note o diciamo quella parola veniamo catapultati in un attimo preciso  che ha smesso di esistere anni fa, ma è che vivo e vitale in quella cicatrice dell’anima e  solo per noi si conserva.

Prendi l’aula del tuo primo giorno di scuola: non puoi tornarci senza sentire l’odore dei quaderni e provare l’ansia mista ed eccitazione di quando ti sei seduto per la prima volta tra i banchi.

La canzone della prima vacanza con gli amici.

La prima macchina che hai guidato.

Un libro letto in un momento importante.

Le cicatrici dell’anima sono la scorza tangibile dei ricordi – una canzone che strappa un sorriso o un portone che chiama la lacrima- e ogni volta ci rammentano che abbiamo vissuto.

Questo articolo ha 3 commenti

  1. Fhenice

    >e' vero… ogni piccola cicatrice che portiamo nel nostro corpo è depositaria di emozioni e ricordi che forse sarebbero andate perdute nella memoria con il tempo.

    Sono li a testimoniare il nostro vissuto.

  2. anonimo

    >Like blemishes upon the skin

    Truth sets in

    Life's for the taking so they say

    Take it away

  3. anonimo

    >sai, downtown, che una volta sono tornato nella mi avecchia scuola per una conferenza. Era la mia prima scuola elementare e anche se continuavo a dirmi che ero emozionato in realtà non sentivo molto. Era tutto cambiato, la zona che ai miei tempi era al confine con la campagna adesso era quasi centro e anche la facciata della scuola era stata rifatta. E quasi tutti gli insegnati non erano ancora nati quando io ero su quei banchi. Poi, poco prima di andare via, una maestra mi ha fatto vedere un corridoio e mi ha detto lei era nella G, vero? sta laggiù… e appena ho rivisto il corriodio mi è tornato in mente tutto, gli attaccapanni di legno lungo il muro e Giubilini che correva tirando giù tutti i cappotti e la maestra che urlava… tutto. Insomma, quell'odore di quaderni che dici tu. Cicatrici, che credevi di aver dimenticato solo perché stanno in posti che non guardi mai…

    C.

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