Storia e costume dei Cocktail

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Giusto cent’anni fa, il 16 gennaio del 1920 entrava in vigore negli Stati Uniti il XVIII emendamento, che vietava la produzione e il consumo di bevande alcoliche. Cominciava così l’era dei Proibizionismo: un’epoca che – ironia della sorte –  è passata alla storia come l’età dell’oro dei cocktail e ha profondamente influenzato il costume del ‘900.
Dagli speak easy degli anni ’30 ai nostri locali dell’happy hour, il drink in compagnia è diventato un rito sociale, e ha persino dato vita a un dress code.
Vediamo i punti salienti di questa storia.

Storia dei CocktailDue cocktail con delle candele sullo sfondo

Già nell’ottocento si servivano drink creati mescolando diversi liquori… Ma era un’usanza piuttosto marginale.
In Italia, a inizio ‘900, i Futuristi creano le “polibibite”: in pratica, dei veri e propri antesignani del cocktail, come il «Diavolo in tonica nera», che consisteva in  2/4 di succo d’arancia, 1/4 di grappa, 1/4 di cioccolato liquido e il tuorlo di un uovo sodo (bleah!).

Con il Proibizionismo, però, negli USA mixare gli alcolici diventa una necessità. L’alcool disponibile infatti, viene dal mercato nero, ed è di qualità così bassa che i barman sono costretti a mescolarne diversi tipi, aggiungendo zucchero, limone o succhi di frutta per di renderlo bevibile.

Alcune donne bevono dalla bottiglia negli anni '30

Nello stesso periodo, l’Europa (e la più vicina Cuba) diventano meta di un vero e proprio turismo etilico da parte di ricchi americani che desiderano bere senza l’incubo della polizia. E proprio per soddisfare questa clientela, molti hotel di lusso negli anni ’20 si dotano di un bar, che offre agli ospiti svaghi alcolici senza nemmeno dover varcare la porta d’ingresso.

Gli Speakeasy

un barman misura gli ingredienti per un cocktailDurante gli anni ’20, negli Stati Uniti, l’esigenza di consumare le bevande alc lontano da occhi indiscreti fa nascere gli Speak-Easy. Questi locali segreti, a cui si accede con una parola d’ordine, sono ospitati in retrobottega e scantinati. E spesso sono gestiti dalla malavita che nel contrabbando dell’alcool ha trovato la sua gallina dalle uova d’oro. Comunque, è in posti così che nascono i primi cocktail “classici”… Per esempio il Sidecar, inventato dal barman Frank Meyer, che nel 1923  si trasferirà a Parigi e aprirà il Petit Bar al Ritz.uno speakeasy degli anni '30
Tramontati dopo il 1933, con la fine del proibizionismo, oggi  gli Speak-Easy sono tornati a fare tendenza, in parallelo al rinnovato interesse per il mondo della Mixology.
E al contrario del secolo scorso, oggi in questi secret bar si beve benissimo.

L’abito da Cocktail
la modella anne gunning con un abito da cocktail sul numero di aprile 1953 di vogue

La fine del proibizionismo non spegne la passione per i Cocktail. Tra gli anni ’30 e gli anni ’50 la moda del drink si diffonde a macchia d’olio: nelle grandi città compaiono i cocktail bar, che spesso in quest’epoca hanno ambientazioni “a tema”. Dopo la seconda guerra mondiale, il cocktail si afferma anche come occasione di ricevere meno formale rispetto alla classica cena.
delle ragazze a una festa in casa negli anni '50

Proprio in questo contesto, negli anni ’50, nasce l’abito da cocktail. Si tratta una versione in lunghezza ridotta dell’abito da sera, che risponde a un’esigenza ben precisa: quella delle signore di fare le splendide splendenti ma senza esagerare con la formalità.

Da allora, l‘abito da Cocktail soppianta pian piano l’abito da sera, complice il progressivo tramonto delle occasioni in cui è richiesto il lungo.

un primo piano di dei bicchieri con cocktail

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Le foto di questo post sono tratte dal web

Questo articolo ha 2 commenti

  1. Roberto

    Molto interessante, da prendere come spunto per lezioni in classe

    1. Elisa

      Grazie, ne sono felice 🙂

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