A new start

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Un amatissimo amico mi ha regalato, prima che partissi, un piccolo saggio su NY, scritto nel 1948 da E.B. White.

L’ho letto d’un fiato – si tratta appena di settemila cinquecento battute- seduta nel parco di Washington Square, in una giornata orribile, di quelle con il sole fuori e il gelo dentro.

Questa piccola delizia d’inchiostro mi ha regalato un paio d’ore d’insperata distrazione, e parecchi spunti che sto saggiando uno ad uno.

Nel corso del saggio, l’autore suddivide i newyorkesi in tre categorie: gli autoctoni – nati in città -abituati e quasi insensibili a questa metropoli, i pendolari che la animano ogni giorno e che la sera sciamano compatti verso l’upstate, e poi tutti coloro che sono nati altrove e che sono venuti qui in cerca di qualcosa, e che sono la vera forza propellente di New York.

Un po’ come cantava Frank Sinatra: sono qui to make a brand new start of it, per dare vita -ancora una volta- al più classico degli american dreams.

Personalmente, sono arrivata a NY in cerca – molto prosaicamente- solo di qualche buon contatto di lavoro e di una manciata di capi di Chanel.

Non mi ero fatta grandi aspettative, perché sono convinta che esse siano sempre un pessimo punto di partenza.

Anyway –

Sono stata catapultata mio malgrado, per ragioni che tutt’ora non mi spiego, in una sorta di spleen emotivo; mentre all’ombra di un platano cercavo con le parole scritte di anestetizzare il dolore interiore, ho provato un tremendo desiderio di Casa, un’infinita repulsione per il Mondo, un intenso desiderio di Niente.

Ma improvvisamente, prima che potessi rendermene conto, sono stata risucchiata dal vortice di possibilità che questa città ti rovescia addosso.

Con mia immensa sorpresa, e senza che facessi nulla perché ciò accadesse, New York è stata capace di portarmi nel giro di ventiquattr’ore dalla disperazione più cupa all’esaltazione più frizzante, inglobandomi mio malgrado nel vortice d’energia pulsante che l’anima.

E allora ho ripensato alle parole di White, e sono giunta alla conclusione che quantomeno mi trovo per adesso nel posto più giusto.

Questo articolo ha 11 commenti

  1. Melkor78

    >Le aspettative sono sempre un pessimo punto di partenza perché sono la fine dei sogni, sono i sogni dei perdenti. Per un sogno si fa l'impossibile e ci si impegna con tutti noi stessi, ma voler trovare "la pappa bell'e scodellata" significa solo avere paura.

    Non dare il merito alle circostanze se ti senti "giusta" ed in sintonia con l'ambiente, non so spiegarmi più chiaramente ma credo fermamente che noi e solo noi siamo i titolari delle nostre emozioni, non altri o altre cose X

  2. internetmuse

    >Se ti va di passare,

    Mitsu ha intervistato

    Melissa P.

    per Grazia.

    Buona serata e buon viaggio:)

  3. henryz

    >Forse un mattino andando in un'aria di vetro,

    arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:

    il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro

    di me, con un terrore di ubriaco.

    Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto

    alberi case colli per l'inganno consueto.

    Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto

    tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.

    (Eugenio Montale)

    Personalmente adoro questa poesia e trovo si adatti a quanto hai scritto.

  4. anonimo

    >I hope you are not picking their unbearable accent up…

    PH (R.)

  5. DowntownDoll

    >yep, kind of :(((

  6. anonimo

    >I feel so sorry for you. I promise that I won't take the piss out of your Italian-yankee accent. ;-P

    PH

  7. DowntownDoll

    >@ph

    I shoould head to the UK for awhile to get rid of it;)

  8. anonimo

    >Let me know when you do it. 🙂

  9. phil77

    >Che invidia! Io e mia moglie siamo stati a NY solo 3 giorni, il tempo appena di fare il giro tra Metropolitan Museum, Moma e Guggenheim. Qualche passeggiata a Central Park. Washington Square col suo arco neoclassico e (correggimi se sbaglio) la statua di Garibaldi, non è vicino al Greenwich village? Pensare che il primo giorno lì ero stordito quasi infastidito, io ho subito l'imprinting di Boston, eppure anche senza innamorarmi ho subito il fascino di una città che veramente non dorme mai.

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