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LA MORTE EFFIMERA, Ovvero: Della Relatività della Percezione Temporale

Racconto

 

Ricordava perfettamente l’attimo della sua morte, Paolo.

Aveva passato i due anni precedenti – da quando gli era stato diagnosticato un cancro al cardias-  a immaginarlo, quell’istante, a prefiguarselo nei minimi dettagli, tanto che alla fine, quando la sua ora era giunta, l’aveva accolta con una sorta di sollievo, ed era stato invaso da un’ondata di pace.

Ricordava quando -sessant’anni prima- nell’austera aula magna del Liceo Classico Machiavelli, si era seduto davanti alla commissione per gli esami di maturità. D’un tratto, l’ansia e la preoccupazione che avevano dominato i giorni e tiranneggiato le notti passate sui libri si erano improvvisamente dileguate, ed avevano lasciato il posto ad un calma inaspettata.

Da allora, era passata un vita: la sua.

Paolo era andato all’università, aveva contestato, e poi si era rimesso in riga.

Aveva sposato una ragazza conosciuta al cineforum, quella con le camicette di jersey che fumava le sigarette tra il primo ed il secondo tempo nell’androne del cinema, guardandosi attorno con aria spaesata.

Dopo qualche anno, si era messo in proprio: aveva lavorato duro, ma le soddisfazioni non avevano tardato ad arrivare. La ragazza del cineforum intanto gli aveva dato due bambini, che piano piano erano cresciuti ed erano diventati uomini.  Paolo, tutto preso dal lavoro com’era, se ne era a mala pena reso conto.

A un certo punto, comunque, non aveva più potuto negare a se stesso l’evidenza:  i suoi figli erano adulti.

Lui era vecchio.

Ma l’ultima parte della sua vita, a ben guardare, poteva dirsi la migliore.

Era un architetto molto richiesto, sceglieva solo i lavori più interessanti e si faceva pagare fior di quattrini.

Viveva, sempre con la ragazza del cineforum -che ormai era diventata una rispettabile signora- in un appartamento in centro, andava in studio a piedi la mattina, e i weekend li passava alle terme, se non li trascorreva con figli e nipoti. Andava al circolo del bridge, giocava a tennis con qualche amico e di tanto in tanto si concedeva un cognac e un sigaro. Niente di speciale, si trovò a pensare.

Ed ecco, era giunto il momento di rendere conto.

Eppure, nulla accade.

Nessun tunnel con la luce in fondo o cori angelici all’uscita, nessun precipizio tra i tormenti degli inferi.

Immerso in un buio sconfinato senza tempo né luogo, Paolo è privo di percezione del proprio corpo: la sensazione non è né bella né brutta, prova solo un grande senso di spaesamento.

Come se nel Meccanismo della Morte qualcosa si fosse inceppato.

Paolo cerca di acuire i sensi.

Non ha corpo, ma percepisce comunque: e avverte d’un tratto una nuova sensazione.

C’ è qualcosa di lontano come un’onda all’orizzonte, che avvicinandosi acquista velocità e forza: un confine, un limite, la fine di questo buio senza fine.

Il confine si avvicina, Paolo lo sente incombere su di sé, con ansia crescente ne il prova addosso il peso schiacciante farsi opprimente.

Paolo non ha corpo, ma si sente soffocare.

D’un tratto, l’agonia ha fine e una luce lo abbaglia: ha lacerato il bozzolo, rinasce farfalla.

Sa di avere un solo giorno davanti.

Eppure, sarà una vita intera.

 

Questo articolo ha 9 commenti

  1. Magosilvan

    >Bello, esprimi bene l'esplosione di luce nel finale.

  2. pedromamolto

    >bello! personalmente non piacerebbe avere coscienza di quello che ero se dovessi tornare a nascere!

  3. lastgodfather

    >Paolo fece in vita un grave errore: non passò abbastanza tempo con la famiglia.

  4. Melkor78

    >Mi auguro tanto di sbagliarmi ma sembra proprio che tu parli di qualcuno che conoscevi. Quella sensazione di oppressione che descrivi così bene, l'hai mai provata? Io ho da sempre un sogno ricorrente tale e quale e mi sveglio di colpo nell'attimo del soffocamento con una sensazione mal definita ma comunque brutta… spero che la storia cambi adesso che ho letto il tuo racconto. All'inizio, di tutte le riflessioni che mi sono venute in mente, quella del titolo mi era sembrata, per l'appunto, la più effimera ma ora invece direi la più semplice e naturale e quindi quella fondamentale, illuminante X

  5. DowntownDoll

    >Grazie.

    Non si tratta di nessuno che conoscevo, Paolo me lo sono inventato anche se qualche spunto dalla realtà ovviamente l'ho preso.

  6. Melkor78

    >Prego 🙂 Tu credi nella reincarnazione? Io non sono ben documentato in merito, posso solo dire che tendo a considerarla improbabile e che un tuo post al riguardo sarebbe interessante… prima o poi, se vuoi, pensaci X

  7. artepaolo

    >Bello .. mi piacerebbe riuscire a ricordare.. Se diventassi farfalla mi poserei sulla guancia di chi so io .. Le volerei intorno e cercherei di farmi riconoscere .. Se diventassi calabrone invece mi accontenterei di prendere un sacco di polline per i fiori del suo balcone .. Se diventassi invece qualcos'altro .. bè cercherei di far bene comunque.

    Ho sonno, ciao, ;poL

  8. REDRUM

    >Risposto alle domande…

    Uhm…forse dovrei preoccuparmi.

  9. madyx

    >il mio quadro clinico non mi ha proprio sollevato: borderline very haight e via dicendo… ma niente di nuovo direi xd

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