Ad ognuno il suo viaggio: intervista a Francesco Amato

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Il viaggio è un tema che da duemila anni in qua non perde fascino.

Ulisse. I clerici vagantes. I grand tour del settecento.

Oggi però, nell’era del low cost e dei pacchetti tutto compreso, il viaggio vero -quello che ti segna e ti insegna- è merce sempre più rara, e nessun tour operator ce l’ha nei suoi cataloghi.

Tuttavia, viaggiare non è sempre questione di chilometri, come suggerisce “ Ma che ci faccio qui!”, poetico lungometraggio d’esordio di Francesco Amato. A volte si può viaggiare anche con la testa, scoprire mondi nuovi e misteriosi dietro l’angolo e rimanerne segnati come se si fosse scoperto un nuovo continente.

Questo succede ad Alessio, liceale scapestrato interpretato con freschezza da Daniele De Angelis : anche se non va lontano in sella al suo scooter sgangherato, si allontana di anni luce dal suo mondo e alla fine del suo non-viaggio è cresciuto, è cambiato, e soprattutto, ha viaggiato per davvero.

In occasione dell’uscita del film nelle sale il 1° Settembre, ho intervistato il regista Francesco Amato e Chiara Boschiero, impegnata nella produzione del film.

 

 

Che cosa vi ha fatto capire che questa era la storia giusta sulla quale lavorare?

 Francesco:

C’erano due cose belle, anzi tre.

La prima: mi incuriosiva e divertiva raccontare la storia di uno sfigato (che non sa assolutamente di esserlo, tipo il grande Bandini di Fante) che cresce e prende coscienza delle cose belle grazie ad una serie di fallimenti. In pratica più sfighe capitano, più lui tenta di superarle: c’è uno spirito caparbio, tenace, cocciuto, ma allo stesso tempo candido ed ingenuo in questo personaggio. C’è una profonda volontà di fare che è poi l’aspetto che più di altri unisce me al protagonista, al film, a questa esperienza faticosa ed entusiasmante.

L’altra cosa bella che ho pensato quando mi è stato prospettato questo progetto, era che questo film lo avrei fatto con i miei compagni di scuola, come me diplomandi al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, e questo significava non interrompere il percorso che avevamo fatto insieme, ma concretizzarlo in un’esperienza che è stata un dono dio del cinema. L’unica condizione era  quella di avere fiducia l’uno nell’altro e tutti quanti nel regista: la complicità che c’è tra di noi  -l’organizzatrice Chiara Boschiero, la scenografa Marinella Perrotta, il direttore della fotografia Federico Annichiarico, la costumista Medile Saulityte, il fonico Piero Fancellu, il montatore Giggi Mearelli –  ci ha permesso di affrontare e vincere le difficoltà. La terza cosa bella mi sa che me la stai per chiedere…

 

Chiara:

La vicinanza con il personaggio di Alessio, che non si lascia demoralizzare dalle sconfitte ma le sa trasformare in vittorie con la creatività di chi vive la vita con entusiasmo e curiosità. Anche il nostro gruppo di lavoro è così, dalla scenografa al direttore della fotografia (tutti allievi del Centro Sperimentale di Cinematografia, nonché amici che da tre anni studiano e lavorano insieme).

Abbiamo deciso di raccontare una storia che ci è vicina, che conosciamo, perché la nostra adolescenza non è passata poi da molto( l’età media della troupe è di 27 anni) e ancora, in fondo, condividiamo il punto di vista di Alessio.

Quando si lavora primo film, ritengo sia bene partire da una storia che ti appartiene…è così più facile poi trovare la chiave artistica per narrarla al pubblico. Volevamo fare un film senza troppe pretese, solo quella di regalare emozioni e un po’ dell’energia positiva del nostro protagonista. La cura nella scelta degli attori penso sia stata fondamentale, come l’uso di movimenti di macchina di ampio respiro e la ricerca delle location: niente è lasciato al caso, ma il pubblico lo deve sentire come la più naturale delle scelte.

Quello che mi ha colpito subito nella sceneggiatura è una speciale commistione tra realismo e favola che in alcune scene diventa poesia. Penso alla scena del lancio degli ombrelloni in mare, in cui si rinsalda la famiglia di Tonino e il rapporto tra l’uomo e quella terra che lo rifiuta volendo abbattere il suo stabilimento. Noi ci siamo calati nei nostri personaggi come in un guanto e gli abbiamo dato vita come se raccontassimo noi stessi.

Eravamo le persone giuste per fare un film sul viaggio di un diciottenne sognatore. Per questo motivo Rai Cinema e Istituto Luce hanno investito su di noi. Inoltre il pubblico giovane sente la mancanza di film italiani che parlino la sua stessa lingua (vedi il successo di Notte prima degli esami)…e noi ci abbiamo provato, dato che è anche la nostra!

Le figure femminili che incontra il protagonista, Martina in primo luogo, non hanno molto di tradizionale. Come mai questa scelta?

 Francesco:

Ecco appunto, Martina.

Di lei avevo scritto molto anche prima di “Ma che ci faccio qui!”, è ciò che mi aggancia al mio passato, il personaggio che mi ha convinto a fare questo film. L’ho trovato per caso in una ragazza di Torino dal corpo androgino e la voce afona.

Mi ha affascinato immediatamente. Mi sembrava assimilabile a figure femminili del cinema francese, come le attrici del film di Zonca La vita sognata degli Angeli, o Rosetta dei Dardenne, o l’Hillary Swank di Boys Don’t Cry. La voce invece ricorda quella della Golino o della Bruni Tedeschi, attrici che stimo molto.

La costruzione del personaggio è avvenuta attraverso il confronto.

Il rapporto sul set è stato travagliato, perché Chiara ( Chiara Nicola, attrice che interpreta il ruolo di Martina ndr) ha una personalità molto spiccata ma benché questa relazione fosse basata sul conflitto siamo riusciti entrambi a dare molto a questo personaggio.

Chiara:

 Non volevamo cadere nei soliti clichè dei film cosiddetti “giovanilistici”, dove il ragazzino si innamora della bellona di turno e diventa uomo.

Per questo motivo abbiamo cercato una Martina speciale, ruvida e nello stesso tempo affascinante. Martina gioca a calcio e reagisce con rabbia alle provocazioni, ma anche quando si innamora di Alessio non perde la sua forza e la sua schiettezza. Non si evolve da “brutto anatroccolo” a “principessa”, come accade in molti film, ma rimane fedele a se stessa e in questo dimostra la sua autenticità.

Per questo ruolo la ricerca è stata lunga, poi l’abbiamo trovata mentre camminava davanti all’università di Torino: Chiara Nicola possiede un’energia difficile da trovare. E’ combattiva e fragile allo stesso tempo, ha uno sguardo intenso su un corpo da bambina.

Anche per le altre figure femminili c’è stata una ricerca accurata.

Con il personaggio di Rossella, interpretato da Manuela Ungaro, abbiamo ironizzato una figura di seduttrice  e madre allo stesso tempo, una donna che vorrebbe tornare ragazzina.

Corinna invece è una donna straniera con un passato oscuro, che si racconta con lo sguardo. Non abbiamo bisogno di dire molto sulla sua relazione con Tonino e Martina, perchè l’attrice Alina Nedelea riesce a farci intuire molto con semplici gesti. Abbiamo scelto una Corinna rumena, per avvicinarci il più possibile allo spirito realistico del racconto. Ma che ci faccio qui! è un’avventura, ma racconta anche uno spaccato di vita quotidiana.

 

Qual è il sentimento con cui vorreste che gli spettatori lasciassero la sala, dopo aver visto il vostro film?

 Francesco:

Questa domanda me la fece Paolo Sassanelli, uno degli attori del film, qualche giorno prima di cominciare le riprese: ci ho pensato a lungo, poi gli ho risposto: la tenerezza. Sentimento che si genera dentro al film attraverso la relazione tra i personaggi, e fuori del film, grazie alla relazione tra gli attori e il regista.

Chiara: entusiasmo.

 

Cosa farà Alessio, una volta ricominciata la scuola?

 Francesco:

Sfancula suo padre e si concede un anno sabbatico ad Amsterdam, dove impara a suonare il basso elettrico, per poi capire che la quella vita ha un gusto effimero, e quindi ritornare al liceo, ripetere l’anno perso in una dimensione di disonorevole cazzeggio. Ma fuori dal liceo si ripiglia, decidendo di diventare un regista cinematografico.

Chiara:

progetterà il suo prossimo viaggio.

 

E voi, adesso, cosa farete?

 Francesco:

Vorrei fare un film che racconta il ritorno sulla terra degli astronauti dell’Apollo11, di ritorno dalla luna, oppure un documentario sull’intimità della coppia.

Chiara:

 Inizieremo a lavorare al prossimo progetto per lungometraggio…perché come Alessio sentiamo il bisogno di non fermarci mai, il mondo ci aspetta!

Questo articolo ha 3 commenti

  1. anonimo

    >Li hai intervistati tu gli attori? Fai la giornalista?

    (l'anglofono dei post precedenti)

    I know it's none of my business but I'm curious 😉

  2. DowntownDoll

    >Tra le altre cose, mi piace anche scrivere.

  3. anonimo

    >It seems that you are full of beans sweetheart!

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