Il marketing invadente

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Il marketing è uno strumento potente, e proprio per questo può diventare una pericolosa arma a doppio taglio.

I brand fanno di tutto per conoscere i loro clienti, col nobile intento di proporre un trattamento sempre più personalizzato.
E fin qui non ci sarebbe niente di male: non fosse che l’eccesso è sempre dietro l’angolo, e la sensazione di essere vittime del Grande Fratello pure.

A me, recentemente, è successo così con Préntal.

Qualche mese fa ho acquistato presso un loro negozio un reggiseno. Probabilmente  stordita dall’ebbrezza di aver riempito la prima terza della mia vita, ho compilato senza pensarci troppo la cartolina per la raccolta dei dati personali presentatami dalla solerte venditrice.

E quello è stato il punto di non ritorno.

Da allora, ho la netta sensazione che Prénatal, della mia gravidanza, ne sappia molto (ma MOLTO) più di me.

Puntuale, ogni trenta giorni, mi arriva per posta un magazine personalizzato che annuncia in quale mese sono entrata, e come mi dovrei sentire,  e cosa dovrei fare, e ovviamente che cosa dovrei comprare (la lista della spesa è infinita).
Praticamente un attacco d’ansia in cassetta.

Ovviamente, il fatto che io dissenta dal 95,5% dei contenuti non aiuta.

Perché NO, non sono carica di trepidante attesa: sono più nel mood stegosauro incarognito.
E NO, non avevo mai sospettato che la  tripla-tettarella-atossica-anatomica-aniticoliche fosse indispensabile per il benessere del mio bambino.

Ho già vinto il premio genitirice indegna, a quanto pare.

E soprattutto NO,  non ho bisogno di sapere che esiste Prénatal per sentirmi “serena in questo momento speciale” (mi aiuta molto di più sapere che esistono le tate, o l’epidurale, tanto per dire).

Ripeto, il marketing è uno strumento indispensabile, potente.

Ma va usato in maniera intelligente: perché il marketing senza contenuto è non è solo inutile, è dannoso.

( E a Prénatal lancio un suggerimento: se volete avere clienti affezionate, invece di pensare al giornalino, cominciate a fare della biancheria maternity che non sembri rubata al corredo di una suora. Io sarei fidelizzata in cinque minuti).

Nel frattempo, lo so: devo ritirare il consenso al trattamento dei dati.
Come se non avessi altro da fare:)

Questo articolo ha 2 commenti

  1. ElectroMode

    Comunque hai proprio ragione. Ormai bisogna pensarci su 100 volte prima di compilare le cartoline per la raccolta dati. Poi giustamente una donna incinta ha bisogno di ansia e luoghi comuni zuccherosi.
    Non ho figli e credo che a questo punto non ne avrò mai, però anche a me, più della tettarella e di tutte le cose che non si può fare a meno di comprare perché ne va del futuro del pargolo, interesserebbe avere info su tate ed epidurale.
    Non so a Milano ma dalle mie parti se chiedi l’epidurale in ospedale ti fanno un test psicologico per sapere per quale motivo preferisci non soffrire.

    Alessia
    ElectroMode

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