Ciao Elio Fiorucci

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Alzi la mano non ha avuto una maglietta di Fiorucci.

Io la mia t-shirt rosa con gli angioletti ce l’ho ancora.
Anche se non la indosso da vent’anni almeno, per qualche motivo, di trasloco in trasloco, non ho mai avuto il coraggio di disfarmene.

E fino ad oggi non avevo mai capito perché.

Elio Fiorucci – probabilmente – è stato il primo stilista che io abbia sentito nominare.
Questo perché, quando ero piccola così, qualcuno mi regalò la famosa maglietta con gli angioletti, che divenne subito (dato che era color pastello e”principessosa”) il capo preferito del mio guardaroba.

Quando sono cresciuta, mi sono trasferita a Milano, e nel “fashion” ho cominciato a lavorarci, un giorno di Giugno avuto l’occasione di incontrare Elio in persona.
Ero arrivata da poco.
Ancora mi faceva strano vedere dal vivo e sentire parlare quelle persone di cui avevo sempre solo letto sulle riviste: le avevo considerate creature mitologiche, un po’ come gli unicorni, per dire, ed Elio Fiorucci non faceva eccezione.

Ricordo di aver ascoltato il suo intervento a una tavola rotonda in Triennale – si parlava di creatività all’italiana – e di averlo avvicinato dopo la chiusura, nel foyer.

Volevo solo stringerli la mano: sarebbe stato un po’ come accarezzare l’unicorno, per essere sicuri di averlo visto sul serio.

Tremavo, balbettavo, mi si piegavano le gambe mentre mi facevo coraggio per avvicinarmi a lui: e invece mi ricordo un sorriso da sciogliere un iceberg, e uno sguardo vivace e franco accompagnato da uno scambio di battute diretto e genuino.

Ecco, Fiorucci era una persona coerente e vera, come in questo mondo ce ne sono poche.

E oggi che lui se n’è andato mi piace che pensare che quella maglietta kitsch e caramellosa
sia rimasta nel mio armadio a rappresentare l’ottimismo e la creatività, ma anche e soprattutto l’autenticità di cui Elio si è fatto portabandiera.

 

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